La Regione Piemonte, con sede in Torino, piazza Castello, n. 165,
in  persona  del  presidente  legale rappresentante pro tempore on.le
Enzo Ghigo, a cio' autorizzato con deliberazione assunta dalla giunta
regionale  il7  maggio  2001, n. 42 - 2933, rappresentato e difeso ai
fini  del  presente giudizio dall'avv. prof. Carlo Emanuele Gallo del
Foro  di Torino e dall'avv. prof. Alberto Romano del Foro di Roma, ed
elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio  del secondo, in Roma,
Lungotevere  Marzio  n. 3,  come  da  procura  speciale a margine del
presente atto;
    Avverso  e  per la declaratoria di illegittimita' costituzionale,
degli  artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 della legge statale 29
marzo  2001, n. 135 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 20
aprile  2001)  rubricata  "Riforma  della  legislazione nazionale del
turismo",   per   contrasto   con   gli  artt. 5,  117  e  118  della
Costituzione.

                              F a t t o

    La  Regione  Piemonte e' titolare di competenze legislative, e di
conseguenza  anche  di  competenze  amministrative, nella materia del
turismo,  ai sensi del combinato disposto degli artt. 117 e 118 della
Costituzione.
    La Regione Piemonte, ex art. 5 della Costituzione, rappresenta la
collettivita'  locale insediata della regione, ne cura gli interessi,
e  ne  promuove  le  iniziative  sia  dal  punto di vista sociale che
culturale  che  economico,  anche  con  riferimento  al  settore  del
turismo.
    Numerose sono le iniziative che, anche in concreto, la regione ha
in atto.
    Nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 20 aprile
2001,  n. 92  e'  stata  pubblicata  la  legge statale 29 marzo 2001,
n. 135,   intitolata   "Riforma   della  legislazione  nazionale  del
turismo".
    La  legge,  come  afferma il primo comma dell'art. 1, definisce i
principi  fondamentali  e gli strumenti della politica del turismo in
attuazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
    Essa,   percio',   ha   una   incidenza  diretta  sulla  potesta'
legislativa  e  amministrativa  delle  regioni ed anche della Regione
Piemonte.
    Senonche', dal testo della legge, e in particolare dagli articoli
1,  2,  3,  4,  5,  6,  7,  8,  9,  10, 11, emerge come la scelta del
legislatore  statale  non sia stata per nulla rispettosa dei principi
costituzionali che riconoscono le autonomie regionali, avendo dettato
una  disciplina di settore estremamente analitica e precisa, al punto
da  rendere del tutto inesistente la potesta' legislativa regionale e
da  rendere  la  stessa potesta' amministrativa regionale la semplice
esecuzione di scelte compiute a livello di amministrazione statale.
    Percio',  nei  confronti  della  legge  ora  richiamata,  e degli
articoli   indicati,   la   Regione   Piemonte  propone  giudizio  di
impugnazione  in  via  principale  avanti codesta ecc.ma Corte, per i
seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    Violazione degli artt. 5, 117 e 118 Cost..
    Per  evidenziare  la  dedotta illegittimita' costituzionale della
legge  n. 135  del  29  marzo  2001  occorre  ripercorrere brevemente
l'evoluzione della disciplina statale in tema di turismo.
    L'organizzazione  del turismo e' stata, per molto tempo, affidata
esclusivamente  all'iniziativa  privata,  e'  divenuta  di  rilevanza
pubblicistica  soltanto  in  questo  secolo,  ed  ha  dato luogo alla
istituzione  di  un  Ministero  soltanto con la legge 31 luglio 1959,
n. 617,  che  ha previsto il livello organizzativo, rinviando, per la
definizione delle competenze, alla disciplina previgente.
    La disciplina previgente, da individuare, soprattutto, nel d.lgs.
del   Capo   provvisorio  dello  Stato  12  settembre  1947,  n. 941,
individuava  le  funzioni  statali  in  materia  in modo estremamente
attento e moderno: ed infatti, attribuiva al Commissariato il compito
di  indirizzare  e  coordinare  l'attivita'  degli  enti operanti nel
settore  del  turismo e di vigilare, per la tutela del turista, sulle
industrie alberghiere ed affini.
    Senonche',   l'attivita'   del  Ministero,  dal  punto  di  vista
amministrativo,  e' poi proseguita in modo ben piu' intenso di quanto
la legge non lasciasse immaginare.
    E  cosi', la funzione statale e' divenuta estremamente rilevante,
con adempimenti sempre piu' specifici.
    L'amministrazione  statale  e'  diventata  titolare  nei fatti di
tutte  le  funzioni  che,  a  sensi dell'art. 117 della Costituzione,
avrebbero dovuto essere disciplinate con legge regionale, ed affidate
percio' anche a quella amministrazione.
    Peraltro,  a  seguito  della  istituzione  delle  regioni, sia il
d.P.R.  n. 6  del  1972  che  il  d.r.  n. 616 del 1977, sia pure con
diversa  dizione,  formalmente  assegnavano  alle  regioni,  tutti  i
servizi,  le  strutture  e  le  attivita'  del  settore  del turismo,
mantenendo   allo   Stato   soltanto   la  funzione  di  indirizzo  e
coordinamento  con  riferimento  alle  esigenze  della programmazione
economica.
    La  materia  e'  stata  riordinata  con la legge quadro 17 maggio
1983,  n. 217,  che,  affermando  di  essere  emanata  in  attuazione
dell'art. 117 della Costituzione, ha definito i principi fondamentali
in materia di turismo ed industria alberghiera.
    La  legge,  pero',  lungi  dal dettare semplicemente dei principi
generali, si e' diffusa a disciplinare in modo estremamente analitico
l'attivita'   dei   soggetti   operanti   nel  settore  del  turismo,
sostanzialmente  privando  le  amministrazioni regionali di qualunque
possibilita',   se  non  limitatamente  all'organizzazione  turistica
regionale,  immaginando  tale  organizzazione  come  l'organizzazione
pubblica del turismo a livello regionale.
    Senonche',  l'orientamento  popolare favorevole al regionalismo e
contrario  alla  esistenza di una struttura statale si e' manifestato
nel  referendum svoltosi nell'aprile del 1993 e il cui esito e' stato
recepito  con  d.P.R.  5  giugno  1993,  n. 175,  che ha portato alla
abrogazione  della  legge n. 617 del 1959 e percio' alla eliminazione
della struttura ministeriale.
    Il Parlamento si e' adeguato all'opinione del corpo elettorale, o
del  corpo  referendario  che dir si voglia, e con la legge 30 maggio
1995,  n. 203  ha  assegnato alle regioni tutte le funzioni, salvo la
definizione della politica del settore e l'attivita' di indirizzo.
    L'orientamento   sembrava,   percio',   voler   essere  ben  piu'
rispettoso della previsione costituzionale di cui all'art. 117.
    In  linea  in  qualche  misura  con  questa previsione, a seguito
dell'intervento  delle  leggi  Bassanini, la disciplina di settore e'
stata introdotta con artt. 43 - 46 del d.lgs. n. 112 del 1998.
    Dette  norme, in se' indubbiamente ridotte quanto al numero ed al
contenuto,  hanno  ribadito (art. 45) il conferimento alle regioni di
tutte  le  funzioni amministrative statali concernenti la materia del
turismo,   eccezion  fatte  per  le  funzioni  riservate  allo  Stato
(art. 44).
    L'art. 44 ha conservato allo Stato:
        a)  la definizione, in accordo con le regioni, dei principi e
degli  obbiettivi  per  la  valorizzazione  e lo sviluppo del sistema
turistico;
        b) il monitoraggio delle fasi attuative di detti principi, il
coordinamento  intersettoriale  delle  attivita'  di competenza dello
Stato;
        c) il cofinanziamento, nell'interesse nazionale, di programmi
regionali o interregionali per lo sviluppo del turismo.
    Il  d.lgs.  n. 112,  percio',  limitava  nettamente  la  funzione
assegnata  allo Stato, conferendogli soltanto il potere di definire i
principi  e  gli  obbiettivi  per la valorizzazione e lo sviluppo del
sistema  turistico,  principi  ed  obbiettivi ovviamente di carattere
generale.
    E  lo stesso orientamento e' stato confermato dal d.lgs 30 luglio
1999, n. 303, in ordine all'organizzazione ministeriale.
    Le  regioni,  percio'  sia  pur faticosamente, avevano in qualche
misura  recuperato la titolarita' delle funzioni ad esse spettanti, e
la  struttura pubblica del turismo sembrava in qualche misura volersi
ricondurre a quella, piu' agile, che era stata prevista nel 1947.
    L'apertura  a riconoscimento effettivo della competenza regionale
e'  stata  confermata,  del  resto,  dalla riforma costituzionale del
titolo   V  della  Costituzione  approvata  con  doppia  lettura  dal
Parlamento   nel  2000-2001:  ed  infatti,  nel  nuovo  art.  117  la
competenza   in  materia  di  turismo  e'  diventata  una  competenza
esclusiva  della  regione,  non essendo prevista ne' nelle competenze
esclusive dello Stato ne' nelle competenze concorrenti della regione.
    La  competenza  legislativa  esclusiva,  ai  sensi del successivo
art. 118, corrisponde alla competenza amministrativa esclusiva.
    Anche  la Regione Piemonte, percio', riteneva di poter esercitare
le  funzioni  ad  essa spettanti, sia ai sensi della Costituzione che
della legislazione richiamata.
    Senonche', senza alcun coordinamento con i testi normativi di cui
sopra  e  in  particolare  senza  alcun  coordinamento con la riforma
costituzionale  in  corso, riforma costituzionale peraltro conclusa a
livello  parlamentare,  il  Parlamento ha approvato la legge 29 marzo
2001, n. 135, che ha riformato la legislazione nazionale del turismo,
introducendo  una  serie  di  competenze e di istituti tutti riferiti
alla amministrazione statale, che conducono alla totale esautorazione
della funzione legislativa ed amministrativa regionale.
    E'   sufficiente,   per   esempio,   esaminare  il  quarto  comma
dell'art. 2,   che   disciplina  il  riparto  delle  competenze,  per
individuare  qual  e' il contenuto della competenza statale in ordine
alla  individuazione  di linee guida per assicurare l'unitarieta' del
comparto  turistico:  vi  sono ben 18 sottosettori nei quali le linee
guida  individuano  analiticamente  qual'e' la regolamentazione della
materia.
    La nuova legge ha, percio' comportato la totale espropriazione in
capo alle regioni di ogni competenza.
    L'elemento   e'  particolarmente  significativo,  e  l'intervento
statale  e'  particolarmente  rilevante, ove si tenga conto del fatto
che,  secondo  l'orientamento di codesta ecc.ma Corte costituzionale,
la  possibilita' per il legislatore anche regionale di intervenire in
materia  di  attivita'  turistica  non  e'  molto  elevata, in quanto
l'iniziativa  nel  settore del turismo e' riconducibile alla liberta'
di  iniziativa  economica e non puo', pertanto, essere assoggettata a
controlli  particolarmente  incisivi  (si  veda quanto ritenuto dalla
Corte costituzionale nella sentenza 6 novembre 1998, n. 362).
    Quanto  detto  giustifica  il  presente  ricorso, che contesta le
norme  richiamate in epigrafe della legge statale, per violazione sia
del  ruolo  dell'autonomia  regionale  consacrato  nell'art.  5 della
Costituzione  che degli artt. 117 e 118 della Carta fondamentale, nel
testo  oggi  vigente,  laddove  definiscono l'autonomia legislativa e
amministrativa regionale.
    Quanto  ora  detto  puo'  essere  analiticamente  individuato con
riferimento  ai  singoli  articoli della legge, in relazione ai quali
vien proposto ricorso in via principale.
    1. - L'art. 1  della  legge  e' intitolato "principi" e, al primo
comma,  afferma  che la legge definisce i principi fondamentali e gli
strumenti  della politica e del turismo in attuazione degli artt. 117
e 118 della Cost..
    Senonche',  nel secondo comma, non vi e' alcuna indicazione dalla
quale  emerga  che il principio fondamentale e' quello di valorizzare
l'autonomia  regionale  in  materia,  o  quanto meno di riconoscerla,
cosi'  come  e'  indispensabile  stante  il  tenore  delle previsioni
costituzionali.
    Il   secondo  comma,  pur  riferito  alla  Repubblica  nella  sua
interezza,   menziona   semplicemente   le   esigenze   del   turismo
complessivamente  intese  e  soltanto alla lettera g) afferma che uno
dei  principi  e'  quello  di  "valorizzare  il ruolo delle comunita'
locali,  nelle  loro  diverse  ed  autonome  espressioni culturali ed
associative, e delle associazioni proloco".
    La norma, con evidenza, e' riferita, in realta', non alle regioni
ma  agli  enti  locali  cosiddetti  minori,  e  ne consegue che tra i
principi  contenuti  nell'art. 1, e specificati al secondo comma, non
ve n'e' alcuno che riconosca e valorizzi il ruolo della regione.
    In  una materia nella quale la competenza legislativa concorrente
e'  regionale,  una  elencazione di principi nei termini siffatti non
puo' essere certamente considerata corretta.
    E,  va  detto,  i  principi devono comunque essere individuati in
modo  esatto  in  relazione  alla  previsione  di  carattere generale
contenuta nell'art. 5 Cost., che e' norma immediatamente precettiva.
    2. - L'impostazione di cui all'art. 1 si ritrova nell'art. 2, ove
e' previsto che lo Stato e le regioni riconoscano il ruolo dei comune
e  delle province, con una valorizzazione degli enti locali minori ma
con un sostanziale misconoscimento del ruolo delle regioni.
    Ed infatti, il secondo comma prevede che le regioni esercitino le
loro  funzioni  sulla  base  dei  principi di cui all'art. 1: poiche'
nell'art. 1  non vi e' alcuna valorizzazione del ruolo delle regioni,
la  funzione  legislativa  e  amministrativa  regionale  non puo' che
essere estremamente ridotta.
    E  la  riprova e' nel quarto comma, che prevede espressamente che
vengano  adottati  dei principi ed obbiettivi per la valorizzazione e
lo   sviluppo   del   sistema   turistico,   al  fine  di  assicurare
l'unitarieta'  del  comparto  turistico  e la tutela dei consumatori,
delle imprese e delle professioni turistiche.
    Il   contenuto   di   questo   decreto  e'  individuato  in  modo
analiticissimo,   con   la  previsione  addirittura  di  terminologie
omogenee,  delle  tipologie  delle  imprese  turistiche, di criteri e
modalita' di esercizio su tutto il territorio nazionale delle imprese
turistiche,  degli  standards  minimi di qualita' dei servizi e delle
strutture,  dei  requisiti  e  delle  modalita'  di  esercizio  delle
professioni  turistiche, dei requisiti e degli standards minimi delle
attivita'  svolte senza scopo di lucro in modo non convenzionale, dei
criteri  per  la  gestione dei beni demaniali, degli standards minimi
nel   settore   del   turismo   nautico,  dei  criteri  uniformi  per
l'espletamento   degli  esami  di  abilitazione  all'esercizio  delle
professioni turistiche.
    Il  successivo  quinto  comma  prevede,  nello  stesso senso, che
vengono  fissati  i  principi e gli obbiettivi relativi allo sviluppo
dell'attivita'  economica,  alle  azioni  dirette  allo  sviluppo dei
sistemi  turistici  locali, agli indirizzi e alle azioni dirette allo
sviluppo di circuito qualificato (quali campi da golf).
    Il  sesto  comma  impone  poi  alle regioni di dare attuazione ai
principi   e  agli  obbiettivi  stabiliti  dalla  legge  e  a  quelli
specificati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
    E'  evidente  che  l'elencazione  dei principi e degli obbiettivi
cosi'  compiuta e' di una tale analiticita' da escludere del tutto la
possibilita'  per le regioni di prevedere in modo autonomo, dal punto
di  vista  legislativo,  una  qualsivoglia regolamentazione che possa
consentire  di  differenziare  il  sistema  turistico  di una regione
rispetto   a   quella  di  un'altra,  in  relazione  e'  ovvio,  alle
caratteristiche  turistiche  di ciascuna e alle caratteristiche delle
strutture esistenti in ciascuna.
    Ne'  si  puo' immaginare che tutto cio' si riduca alla fissazione
di  criteri  superiori  a  quelli  minimi; trattandosi di una materia
nella   quale   non  e'  possibile  una  programmazione  cogente,  e'
evidentemente   senza   senso   prevedere  l'esistenza  di  requisiti
ulteriori.
    E'  piuttosto  la  differenziazione delle strutture che, in campo
turistico,  puo'  qualificare le singole regioni, il che comporta, e'
ovvio, la distinzione anche dei requisiti e degli standards minimi.
    L'impostazione  dell'art. 2  e'  assolutamente  centralistica,  e
riduce  le regioni ad un'attivita' soltanto attutiva sia dal punto di
vista legislativo che dal punto di vista amministrativo.
    Ritiene,  a  questo  punto,  la  regione  ricorrente che la norma
richiamata  introduca  una  "capillare  e penetrante interferenza nei
settori di competenza" della regione, interferenza che codesta ecc.ma
Corte  costituzionale  ha gia' ritenuto illegittima nella sentenza 15
luglio 1986, n. 195, laddove ha fatta salva la legge quadro 17 maggio
1983, n. 217.
    Nella   presente   situazione,  infatti,  la  specificita'  delle
disposizioni  contenute  nella  legge  che  si  contesta  e'  tale da
impedire  del  tutto  l'esercizio delle funzioni regionali, esercizio
che  spetta  alle regioni medesime sia dal punto di vista legislativo
che  dal  punto di vista amministrativo, come codesta ecc.ma Corte ha
ricordato nella sentenza 10 giugno 1988, n. 618.
    3. - L'art.  3 della legge istituisce la Conferenza nazionale del
turismo,  che  deve  esprimere  orientamenti per la definizione e gli
aggiornamenti del documento contenente le linee guida.
    Alla  Conferenza,  indetta di intesa con la Conferenza permanente
per  i  rapporti  tra  lo  Stato, e regioni e le Province autonome di
Trento  e  Bolzano, partecipa, ovviamente, l'amministrazione statale,
nonche'  dei  rappresentanti  della  Conferenza  dei Presidenti delle
regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.
    In  quest'articolo, la presenza delle regioni nella Conferenza e'
equiparata  alla presenza dei comuni, delle province, delle comunita'
montane  e  delle  altre autonomie territoriali e funzionali, nonche'
alle  associazioni  maggiormente  rappresentative  degli imprenditori
turistici, dei consumatori, del turismo sociale ecc..
    Una  siffatta  configurazione  della Conferenza non e' rispettosa
del  ruolo  costituzionale delle regioni, in quanto, essendo titolari
di competenze proprie, anche a livello legislativo, le regioni devono
essere coinvolte tutte ed in prima persona nella Conferenza.
    Soltanto con la presenza di tutti i rappresentanti delle regioni,
cosi'   come   del   Ministero   dell'industria,   del   commercio  e
dell'artigianato, la Conferenza puo' essere configurata con un organo
rispettoso  del  ruolo  costituzionale in materia di turismo che alle
regioni spetta.
    4. - L'art.  4  prevede  la  redazione  da  parte  del  Ministero
dell'industria  della  Carta  dei  diritti del turista, redazione che
deve  avvenire  sentite le organizzazioni imprenditoriali e sindacali
del  settore  turistico,  nonche' le associazioni nazionali di tutela
dei consumatori.
    Non  ritiene  la  Regione  Piemonte  che sia rispettoso del ruolo
della   regione,   sia   a   livello   legislativo   che   a  livello
amministrativo,  in  materia  di  turismo,  un  articolo  che escluda
totalmente  le  regioni  dalla  redazione della Carta dei diritti del
turista e addirittura dalla consultazione in ordine alla redazione di
detta Carta.
    Il  turista  e' un soggetto che accedera' alle singole regioni, e
che quindi si inserira' nelle linee legislative ed amministrative che
queste approvano
    La   valutazione   del   suo   diritto,   percio',   interferisce
necessariamente con i livelli di regolamentazione e non puo' avvenire
in assenza delle regioni.
    5. - L'art. 5  regolamenta  la  definizione dei sistemi turistici
locali.
    La  norma  definisce  il  ruolo  dei  sistemi turistici locali ed
attribuisce   alla  regione  soltanto  una  funzione  amministrativa,
relativa al riconoscimento dei sistemi turistici locali medesimi.
    Una  siffatta  previsione contrasta con la competenza legislativa
della  regione,  poiche'  proprio con riferimento a sistemi turistici
locali il ruolo regionale e' essenziale, sia che si tratti di sistemi
turistici  relativi  all'ambito di una sola regione sia che si tratti
di sistemi turistici interregionali.
    Nel  primo  caso,  e'  ovvio,  la competenza sara' di una regione
sola, nel secondo caso dovranno esservi intese tra regioni.
    L'espressa  esclusione  di  qualsivoglia  competenza  legislativa
regionale in merito contrasta ovviamente nettamente con la disciplina
costituzionale  che  riconosce  l'autonoma  regionale  in  ordine  al
turismo.
    6. - L'art. 6    regolamenta    il   fondo   di   cofinanziamento
dell'offerta  turistica.  Al quinto comma, e' attribuita al Ministero
la  redazione della graduatoria dei richiedenti, sulla base dei bandi
annuali  di  concorso,  redatti  alla  luce  dei  piani di intervento
approvati dalle regioni.
    Le    regioni    sono    totalmente    escluse   dalla   gestione
dell'assegnazione   del  contributo,  che  avviene  esclusivamente  a
livello nazionale.
    Anche  in  questo  caso  la  centralizzazione della competenza e'
incompatibile con l'autonomia regionale.
    7. - L'art. 7  regolamenta l'attivita' delle imprese turistiche e
le attivita' professionali.
    Quella attivita' e' assoggettata ad autorizzazione.
    L'unica  funzione  che  la norma riconosce alle regione e' quella
prevista   al   sesto  comma,  laddove  si  prevede  che  le  regioni
autorizzino l'esercizio dell'attivita'.
    Ma  poiche' la regione ha una competenza legislativa concorrente,
non  si vede, a questo punto, come il suo spazio debba essere ridotto
esclusivamente al rilascio di una autorizzazione vincolata.
    La  previsione,  poi,  dimostra  chiaramente  come  non vi sia in
realta'   alcuno   spazio   per   le   regioni  di  introdurre  delle
regolamentazioni  autonome,  cosi'  come  si  e' gia' detto a critica
dell'art. 2.
    8. - L'art. 8  regolamenta  la  attivita' dei gestori di esercizi
alberghieri.
    Ancorche'  le  finalita'  della  norma siano soprattutto riferite
alla  pubblica  sicurezza,  pure, anche in questo caso, la disciplina
dell'attivita'  di ospitalita' e' esclusivamente statale senza alcuno
spazio per una regolamentazione regionale.
    9. - L'art. 9,    intitolato   genericamente   "Semplificazioni",
regolamenta  in  realta'  in  modo assolutamente specifico e puntuale
quello  che  e'  il  regime  di  vigilanza  sugli esercizi ricettivi,
attribuendone la competenza al comune. La norma regolamenta i casi in
cui  l'autorizzazione  deve  essere  rilasciata, il suo contenuto, in
casi di revoca, e quali sono i provvedimenti sanzionatori.
    L'unica  competenza  regionale  e'  prevista al sesto comma ed e'
cosi  configurata:  "le  regioni  provvedono  a  dare  attuazione  al
presente comma".
    Non  vi  e'  con  ogni evidenza nessuno spazio per una competenza
legislativa  della  regione  ed  anche  l'attivita' amministrativa e'
soltanto esecutiva.
    10. - L'art. 10  disciplina il fondo di rotazione per il prestito
e il risparmio turistico.
    Si  tratta  di  un  fondo  che  eroga  prestiti turistici a tassi
agevolati  e  favorisce  il  risparmio turistico delle famiglie e dei
singoli  con  reddito  al  di  sotto  di  un  determinato  limite. Le
agevolazioni   sono   prioritariamente  finalizzate  al  sostegno  di
pacchetti  vacanza relativi al territorio nazionale e prevedibilmente
localizzati  in  periodi  di bassa stagione, in modo da concretizzare
strategie per destagionalizzare i flussi turistici.
    Anche  in  questo  caso,  la gestione del fondo e' esclusivamente
ministeriale,  posto che il terzo comma dell'articolo individua quali
sono  gli  adempimenti  del  Ministero  in  merito,  rimettendo detti
adempimenti   soltanto   ad  una  previa  intesa  con  la  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano.
    Il  fatto  e',  pero',  che  in  materia di turismo la competenza
regionale e' una competenza legislativa oltreche' amministrativa e il
molo  della  regione  non  puo'  essere  ridotto a quello di semplice
soggetto  partecipante a un organo collegiale che deve essere sentito
o col quale occorre raggiungere un intesa.
    11. - L'art. 11   contiene   le  abrogazioni  e  le  disposizioni
transitorie.
    La  norma  esplicita  chiaramente  quella  che  e' l'impostazione
centralistica  della  legge,  posto  che  al  comma sancisce che fino
all'entrata  in  vigore  della disciplina regionale di adeguamento al
documento  contenente  le  linee  guida,  si  applica,  evidentemente
all'interno  di ogni regione, la disciplina prevista dall'ordinamento
legislativostatale.
    In  questo modo vi e', pertanto, l'affermazione di abrogazione di
tutte  le  leggi  regionali differenti e l'introduzione di un sistema
centralizzato uniforme.
    Anche  in  questo  caso  si  tratta  di  una  scelta  che  non e'
compatibile  con  l'ordinamento  delle  fonti  del  diritto  e con la
posizione  delle fonti regionali in detto ordinamento e che non tiene
conto  dell'autonomia  regionale  sia  a  livello  legislativo  che a
livello amministrativo.
    Ritiene  la  Regione  Piemonte di avere evidenziato come la legge
approvata   sia  in  contrasto  con  i  principi  costituzionali  che
disciplinano   il   ruolo   delle   autonomie  locali  (art. 5),  con
l'autonomia  legislativa  concorrente  riconosciuta  alle  regioni ai
sensi  dell'art. 117  della  Costituzione  nel  testo vigente, con la
stessa  autonomia  amministrativa riconosciuta di conseguenza, per il
principio del parallelismo, alle stesse regioni dall'art. 118.
    La  legge,  poi,  gia'  lo  si e' detto, ancor piu' in contrasto,
sotto il profilo logico, ma il principio di logicita' e' immanente in
ogni  tipo  di  valutazione  di  legittimita'  costituzionale, con la
riforma  costituzionale attualmente all'esame del corpo elettorale ed
approvata in doppia lettura dal Parlamento.